vero problema dell’Inter deve comprare il gioco, non i giocatori
vero problema dell’Inter deve comprare il gioco, non i giocator
L’Inter può vantare una delle rose più forti d’Italia, ma secondo molte voci autorevoli del calcio italiano, la questione principale dei nerazzurri non riguarda il mercato. La vera sfida non è quali calciatori acquistare, ma come costruire uno stile di gioco chiaro e riconoscibile.
Nonostante i risultati degli ultimi anni, con lo Scudetto vinto nel 2023/24 e un altro titolo sfiorato nella stagione successiva, l’Inter è stata spesso accusata di affidarsi troppo alla qualità individuale piuttosto che a un sistema collettivo. Con Simone Inzaghi in panchina, la squadra era diventata sinonimo di rigidità tattica. Il suo 3-5-2 garantiva stabilità, ma anche prevedibilità. Gli avversari sapevano come affrontarli e, troppo spesso, i nerazzurri faticavano a scardinare difese ben organizzate.
L’arrivo di Cristian Chivu nel giugno 2025 avrebbe dovuto rappresentare una svolta. Il tecnico rumeno aveva parlato con sicurezza della volontà di proporre un calcio più dinamico e moderno, capace di rompere schemi e adattarsi alle diverse situazioni. L’esordio sembrava dare ragione alle sue parole: un travolgente 5-0 al Torino nella prima giornata di Serie A. Tifosi in festa, elogi della stampa, entusiasmo a San Siro.
Ma solo una settimana dopo è arrivata la doccia fredda. La sconfitta interna per 2-1 contro l’Udinese ha riportato a galla vecchi limiti che non sono spariti da un giorno all’altro. L’Inter era partita bene, ma si è spenta dopo il rigore subito. Da quel momento, la squadra ha faticato a imporsi, anche quando Chivu ha schierato tutti gli attaccanti a disposizione. La mancanza di varietà e di soluzioni alternative è stata evidente, lasciando in molti il dubbio su quanto sia realmente cambiato rispetto all’era precedente.
È in questo contesto che è emersa una frase significativa: «Non servono giocatori, bisogna comprare il gioco. Il gioco costa meno e non si infortuna mai». Una sentenza semplice ma tagliente, che evidenzia il problema principale dei nerazzurri. In Italia, troppo spesso, di fronte alle difficoltà si invoca il mercato. Ma la vera crescita non arriva dai colpi a effetto, bensì dalla costruzione di un sistema in cui ogni calciatore conosce il proprio ruolo e partecipa a un’identità collettiva.
Ed è questa la missione di Chivu. La sua Inter appare ancora sospesa tra due mondi: in parte legata al vecchio spartito di Inzaghi, in parte proiettata verso il nuovo progetto. Finché questo equilibrio non verrà spezzato, la squadra rischia di restare in una terra di mezzo, senza convincere né in campo né sugli spalti.
Certo, le critiche sono inevitabili quando un club come l’Inter inciampa, soprattutto a San Siro contro un’avversaria come l’Udinese. Ma insieme alla pressione, esiste anche un’occasione. Con la Juventus all’orizzonte dopo la sosta e la Champions League in arrivo, Chivu avrà la possibilità di dimostrare che le sue idee possono trasformarsi in risultati concreti.
La chiave sarà mentale oltre che tattica. Dovrà trasmettere fiducia ai suoi giocatori, convincerli a sposare fino in fondo il progetto e a credere in uno stile di gioco che vada oltre moduli e nomi. Solo così l’Inter potrà uscire dalla fase di transizione e diventare una squadra con una vera identità.
messaggio è chiaro: non conta chi compri, ma come giochi. I giocatori passano, il gioco
quando costruito bene resta.
