“Troppo, troppo presto” – L’ex portiere del Milan Plizzari rompe il silenzio sul paragone di Berlusconi e la pressione che ha segnato la sua carriera
Alessandro Plizzari, un tempo considerato uno dei più promettenti giovani portieri dell’AC Milan, ha recentemente parlato apertamente dell’enorme pressione che ha dovuto affrontare dopo essere stato pubblicamente paragonato a Gianluigi Donnarumma da Silvio Berlusconi. In una recente intervista a SportWeek (tramite MilanNews), l’ex portiere rossonero ha raccontato con sincerità come quelle aspettative precoci abbiano segnato e appesantito la sua carriera.
Era l’autunno del 2016 quando tutto cambiò per Plizzari. Aveva appena 16 anni e stava crescendo nel vivaio del Milan. Poi arrivò la celebre dichiarazione di Berlusconi, che disse ai media che Plizzari era “buono come Donnarumma”, che a quel tempo aveva già fatto parlare di sé dopo aver debuttato in prima squadra sempre a 16 anni.
Quella che doveva essere una lode si trasformò però in un’etichetta pesante. “Le parole di Berlusconi? Ricordo di aver pensato: ‘Ma sta parlando davvero di me?’” ha raccontato Plizzari. “Qualche giorno dopo l’ho incontrato a Milanello, e ho anche una foto con lui da qualche parte. Oggi tutto questo mi sembra surreale, ma allora ero così giovane che non capivo cosa stesse succedendo. Silvio Berlusconi, presidente del Milan, parlava di me. Assurdo.”
Il paragone con Donnarumma creò aspettative che Plizzari ammette di non aver saputo gestire. “Il paragone con Donnarumma? È stato uno dei motivi per cui ho lasciato il Milan,” ha confessato. “Volevo togliermi quella ‘etichetta’ che senza dubbio pesava tantissimo. Perché non tutti sono come lui. A 16 anni giocava a San Siro senza problemi, zero pressione. Io no, ho sofferto di più certe pressioni.”
Anche nella Primavera, Plizzari sentiva lo sguardo diverso di tifosi e addetti ai lavori. Il peso di essere considerato “il nuovo Donnarumma” gravava su ogni sua prestazione. “Ricordo che tutti mi guardavano come: ‘Oh, dicono che questo è bravo come Gigio’, poi al primo errore tutti mi criticavano,” ha spiegato.
La rapida ascesa di Donnarumma significava che non c’era spazio per un altro giovane portiere nel Milan, anche se talentuoso. Di conseguenza, la crescita di Plizzari seguì una strada più frammentata, fatta di vari prestiti a club come Ternana, Reggina e Lecce. Se da un lato i prestiti possono offrire tempo di gioco e esperienza, dall’altro portano spesso instabilità. Plizzari ha affrontato continui cambi di squadra, di allenatori e di sistemi, condizioni non ideali per un giovane portiere ancora in fase di crescita.
Ciò che emerge dalla riflessione di Plizzari è quanto la pressione precoce specialmente i paragoni pubblici possano condizionare lo sviluppo di un giovane atleta. Mentre Donnarumma è riuscito a brillare sotto i riflettori, quel percorso non è adatto a tutti. La sua onesta valutazione sottolinea la necessità di percorsi di crescita più personalizzati e di una maggiore consapevolezza su come le aspettative esterne possano pesare anche sui talenti più promettenti.
Plizzari ha spiegato che lasciare il Milan è stato anche un reset mentale, oltre che una scelta di carriera. Liberarsi dall’ombra di Donnarumma e dal peso delle parole di Berlusconi gli ha permesso di ricominciare senza etichette.
Oggi Plizzari continua il suo percorso professionale lontano dall’ambiente soffocante che ha segnato i suoi anni da adolescente. Anche se non ha seguito la traiettoria che molti immaginavano nel 2016, la sua storia resta un esempio importante del lato umano del calcio, dove il talento da solo non basta e dove la forza mentale può essere altrettanto decisiva.
In definitiva, l’esperienza di Plizzari è una lezione: nel calcio, le lodi, soprattutto se premature, possono essere pericolose quanto le critiche. E non tutti i giovani prodigi devono diventare “il prossimo qualcuno”. A volte, diventare semplicemente se stessi è già una sfida enorme.
